L’Ortigara è una modesta elevazione della bastionata che delimita a nord l’Altipiano dei Sette Comuni e strapiomba sulla sottostante Valsugana. Fra il 10 e il 25 giugno 1917 fu teatro di una violentissima battaglia tra il regio esercito italiano e quello imperiale asburgico che vide impiegati 400.000 soldati e si concluse con la perdita di 21.000 italiani tra morti, feriti e dispersi e di 9.000 austro-ungarici. Ci sono molte ragioni per ricordare quella battaglia e le altre combattute nella “Guera Granda”. Nei cinque anni che ci aspettano, a partire dal prossimo e fino al 2018, non mancheranno le occasioni per passarle tutte in rassegna. Propongo per intanto di rendere semplicemente omaggio ai caduti e provare a trarre insegnamento dalla dignità e dirittura morale con cui essi hanno allora saputo fare fronte a circostanze terribili. Soprattutto in giorni come quelli che stiamo vivendo, nei quali sono minacciate le certezze di benessere e di spensieratezza che cullavano fino all’altro ieri la nostra vita.
La notte del 18 Giugno 1917, il tenente Adolfo Ferrero, torinese, venti anni, era sul Monte Ortigara. Dopo ventiquattro ore di bombardamento delle linee austriache, sapeva che l’indomani ci sarebbe stato l’assalto. Aveva l’oscura consapevolezza che non ne sarebbe uscito vivo, ma non si abbatté per questo e scrisse una lettera ai genitori nella quale li incoraggiava e chiedeva solo di essere ricordato. Effettivamente sarebbe morto nella battaglia e la lettera sarebbe andata perduta per essere fortunosamente ritrovata quarant’anni dopo in perfetto stato di conservazione e con ancora evidenti tracce di sangue insieme ai resti di un altro Caduto che si presume fosse l’attendente.
Ore 24 – 18 giugno 1917
Cari genitori,
Scrivo questo foglio nella speranza che non vi sia bisogno di farvelo pervenire. Non ne posso però fare a meno: Il pericolo è grave, imminente. Avrei un rimorso se non dedicassi a voi questi istanti di libertà, per darvi un ultimo saluto. Voi sapete che io odio la retorica, …..no, no, non è retorica quello che sto facendo. Sento in me la vita che reclama la sua parte di sole, sento le mie ore contate presagisco una morte gloriosa, ma orrenda…… Fra cinque ore qui sarà un inferno. Tremerà la terra, s’oscurerà il cielo, una densa caligine coprirà ogni cosa, e rombi e tuoni e boati risuoneranno fra questi monti, cupi come le esplosioni che in quest’istante medesimo odo in lontananza. Il cielo si è fatto nuvoloso: piove…
Vorrei dirvi tante cose… tante… ma voi ve l’immaginate. Vi amo. Vi amo tutti tutti.
Darei un tesoro per potervi rivedere, …ma non posso… Il mio cieco destino non vuole.
Penso, in queste ultime ore di calma apparente, a Te Papà, a Te Mamma, che occupate il primo posto nel mio cuore, a Te o Beppe, fanciullo innocente, a Te o Adelina… addio… che vi debbo dire?
Mi manca la parola; un cozzare di idee, una ridda di lieti, tristi fantasia, un presentimento atroce mi tolgono l’espressione… No, no non è paura io non ho paura! Mi sento ora commosso pensando a voi, a quanto lascio; ma so dimostrarmi forte dinnanzi ai miei soldati, calmo e sorridente. Del resto anch’essi hanno un morale elevatissimo.
Quando riceverete questo scritto fattovi recapitare da un’anima buona, non piangete e Siate forti, come avrò saputo esserlo io. “Un figlio morto per la Patria non è mai morto”.
Il mio nome resti scolpito indelebilmente nell’animo dei miei fratelli. Il mio abito militare, la mia fidata pistola (se vi verrà recapitata) gelosamente conservati stiano a testimonianza della mia fine gloriosa e se per ventura mi sarò guadagnata una medaglia, resti a Giuseppe…
O Genitori, parlate, parlate, fra qualche anno, quando saranno in grado di capirvi, ai miei fratellini di me, morto a vent’anni per la Patria. Parlate loro di me, sforzatevi a risvegliare in loro il ricordo di me…
M’è doloroso il pensiero di venire dimenticato da essi… Fra dieci, venti anni forse non sapranno più di avermi avuto come fratello…
A voi poi mi rivolgo. Perdono, perdono vi chiedo, se v’ò fatto soffrire, se v’ò dato dispiaceri. Credetelo, non fu malizia, se la mia inesperta giovinezza vi ha fatto sopportare degli affanni, vi prego di volermene perdonare. Spoglio di questa vita terrena, andrò a godere di quel bene che credo essermi meritato.
A voi Babbo e Mamma un bacio, un bacio solo che dica tutto il mio affetto. A Beppe a, Nina un altro. Avrei un monito: Ricordatevi di vostro fratello. Sacra è la religione dei morti. Siate buoni. Il mio spirito sarà con voi sempre.
A voi lascio ogni mia sostanza. E’ poca cosa. Voglio però che sia da voi gelosamente conservata.
A Mamma, a Papà lascio… il mio affetto immenso. E’ il ricordo più stimabile che posso loro lasciare.
Alla mia zia Eugenia il Crocefisso d’Argento. Al mio zio Giulio la mia Madonnina d’oro. La porterà certamente. La mia divisa a Beppe, come le mie armi e le mie robe.
Il portafoglio (L. 100) lo lascio all’attendente.
Vi bacio.
Un bacio ardente di affetto dal vostro
aff.mo Adolfo
Saluti a zia Amalia e Adele e ai parenti tutti.
Il Cippo Italia su quota 2105.
Il camminamento che da Cima Caldiera portava ai varchi di assalto.
Pozzo alla Scala, punto di raccolta prima dei varchi di assalto. Sullo sfondo le due quote del Monte Ortigara.
La ripidissima cresta che porta all’anticima nord dell’Ortigara percorsa nell’attacco del Battaglione Alpini Bassano.
Anticima nord e cippo austriaco.
Campana collocata sull’Ortigara dal Gruppo Alpini Rovigo. Se i tuoi passi ti portassero mai lassù, falla rintoccare per onorare i caduti, tutti.
Struggente.
Grazie per averlo portato alla mia conoscenza.
Ciao Gulio, conosco molto poco dell’Ortigara e questo racconto, come tanti altri di quella incredibile guerra, mi porta a pensare che troppo è stato dimenticato da tutti noi. Ed è un vero peccato, in particolare in tempi come questi, dove tutti noi ci lamentiamo ma poco poi facciamo per risollevarci. Passando davanti alle lapidi stradali di uomini morti per la nostra libertà spesso mi chiedo a cosa è servito il loro sacrificio, e mi viene di chiedere loro perdono per la nostra indifferenza a quei valori che li hanno portati a rinunciare alla loro vita.
Vedo che sei diventato un gran camminatore, spero che ci si possa ritrovare.
Fabrizio
Molto commovente, mi è piaciuto molto leggere ciò che hai scritto.
Bea
Grazie Giulio!!!
Che dire: non ti smentisci mai, e ti leggo sempre con una felice sensazione di golosa curiosità.
L’ideale per la domenica pomeriggio.
Buona settimana.
Grazie Giulio per aver condiviso questo prezioso scritto.
Grazie a tutti voi del passaggio e della sensibilità che condividete con me.
Grazie Giulio di avermi fatto partecipe virtualmente a un viaggio al quale ho rinunciato. Il Tuo racconto pieno di sensibilità e di ricordi per un tempo che ormai non è più. Ora vale l’egoismo il personalismo e la quasi anarchia dei giovani. Bellissima e struggente la lettera-testamento del tenente Ferrero,che mette in risalto tutti i valori che dovrebbero ispirare la nostra vita e il nostro stare assieme. Purtroppo la gente ha dimenticato quei momenti eroici vissuti dai RAGAZZI DEL ’99. Ma,secondo me, è ancora più grave il fatto che certi personaggi irridano a quei momenti storici. Nuovamente grazie Giulio.
Grazie a te Mario. Peccato che le condizioni della strada ti abbiano costretto a rinunciare. Ci saranno altre occasioni, spero.