Lungo la via incantata

Scrive Carlos Castaneda che occorre guardare attentamente e deliberatamente ogni strada che si incontra e chiedersi se essa abbia un cuore. “Se lo ha, la strada è buona. Se non lo ha, non serve a niente. Entrambe le strade non portano da nessuna parte, ma una ha un cuore e l’altra no.”
La “via incantata”, raccontata da William Blacker, senza alcun dubbio ha un cuore e lo porta a perdersi, o a ritrovarsi, in Transilvania e nel Maramureș.
Negli ultimi giorni del 1989, l’autore lascia Londra e si dirige a Berlino dove il comunismo sta cadendo pacificamente sotto i colpi di piccone che mordono il muro. Vuole esplorare i Paesi dell’Europa centrale appena “liberati” e arriva in Romania. Porta con sé i pregiudizi occidentali secondo i quali incontrerà un mondo squallido, pieno di operai avviliti e annientati da decenni di conformismo. Scopre invece villaggi e campagne pieni di colore, di gente simpatica, di facce gioiose.
Si lascia rapire poco a poco da una vita contadina senza macchine, al limitare del bosco e dei suoi pericoli. Ritrova il tempo circolare delle stagioni, la prossimità della vita e della morte, la ritualità che dà ordine e stabilità alla comunità, il pensiero magico che non si nasconde dietro le pretese della razionalità. Tesse grandi amicizie, destinate a durare e a giungere fino al lettore.
Si fa toccare dalla curiosità che gli muovono gli zingari. Ne condivide la vita, la pigrizia e l’ebbrezza, senza dimenticare di essere anche altro. Soffre con loro il sospetto e la persecuzione. Incontra l’amore.
Guarda con sgomento i segni del dissolvimento di quel mondo che lo ha incantato. L’abbandono dei borghi sassoni, dopo ottocento anni, per inseguire la tristezza in piccoli appartamenti della periferia di città. L’asfaltatura delle strade che cominciano a portare l’abbigliamento occidentale e l’omologazione dell’immaginario.
“Lungo la via incantata” è un bel libro. Ti fa vedere l’imbroglio che contrabbanda il consumo con la felicità, sempre rimandata. Mette voglia di partire per assaporare qualcosa di essenziale che si sta dissolvendo sotto la dittatura ruffianesca dell’omologazione. Sembra una favola e forse per questo l’autore ha voluto corredarlo con un album fotografico che testimonia la realtà dei personaggi, posto che una immagine possa testimoniare qualcosa.

William Blacker, LUNGO LA VIA INCANTATA. VIAGGI IN TRANSILVANIA. Traduzione di Mariagrazia Gini. Adelphi, Milano 2012, 2ª ediz., pp. 335.

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