L’AMARONE È PER FORZA NEMICO DEL MOTOTURISTA?

IMG_1632Stradine si arrampicano e ruzzolano fra le viti disposte a cavalcapoggio o a rittochino. Laddove la pendenza si fa più ripida, il vigneto diventa un muro di sassi che svela il suo segreto solo quando i tornanti ti ci portano sopra. Un cipresso, isolato all’angolo dei filari, ti fa interrogare sulle genti che l’hanno piantato e ti chiedi quale nascita continui a ricordare e se c’è ancora qualcuno che la ricordi.
È bello girare fra le colline viticole con la motocicletta e non c’è mezzo migliore per goderne il paesaggio: a bassa velocità, senza gli angoli ciechi che l’automobile ti impone, accompagnando e non subendo le variazioni di direzione, ora a destra e ora a sinistra.
È bello e io spesso mi fermo ad osservare la vigna un po’ da vicino. Torno col ricordo al tempo in cui il maestro ci raccontava il tempo circolare delle stagioni usando come esempio il ciclo vegetativo della vite: la lacrimazione del tralcio a marzo, la timida fioritura di maggio, il prender colore dell’uva nell’aria afosa di agosto, San Martino del Carducci per descrivere l’autunno. Lui le coltivava le viti e faceva il vino e gli piaceva pure. All’intervallo, con la complicità muta del bidello che si piazzava muto sulla porta della classe, spariva un attimo e sapevamo che era andato all’osteria lì vicino dove tutti lo rispettavano come “’l sior maestro”. Gli piaceva il vino, ma non l’abbiamo mai visto alterato.
Mi piace anche fermarmi quando vedo qualcuno al lavoro in vigna, scendere di motocicletta, salutare e informarmi su quello che sta facendo. C’è sempre da fare in vigna e una volta un contadino che produce grandi vini nel Collio mi ha detto: “la vite è come un bambino; più la guardi e più la curi, più ti da”.
E poi ci sono le cantine, sparse qui e là. Invitanti e un tempo evitate se ero in giro con la moto. Temevo che l’alcol potesse giocare brutti scherzi quando si è a cavallo di due ruote e certamente è così quando ci si avvicina alla dose massima consigliata di due unità alcoliche. Però, non c’è pericolo di alterare la propria reattività e lucidità se si degusta nel modo giusto.
Per degustare un vino, non occorre berne un bicchiere; basta sorseggiarne pochi millilitri. Nel bicchiere se ne verserà un po’ di più perché il bouquet dei profumi possa svilupparsi, ma in bocca ne servirà davvero poco per farsene affascinare, indovinare l’uva o le uve da cui nasce, intuire l’influsso del territorio e del tempo che ha fatto. Pochi millilitri per trascorrere mezzore a farsi raccontare mille aneddoti, se trovi il vignaiolo giusto e se ha tempo.
Ho calcolato che con tre degustazioni di 50 ml di vini con un tenore alcolico medio di 13 gradi, si ingeriscono circa 15 grammi di alcol, ben lontani dai 24 grammi equivalenti grosso modo alla dose massima ammessa dalla Legge. Dunque, alla salute!
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