
Il due di maggio del duemilasette salivamo sull’aereo che ci avrebbe riportato a casa dopo nove giorni in Siria. Ci ripromettevamo di tornare, ma non è stato più possibile.
Da nove anni la Siria è intrappolata nella guerra civile e il Syrian Observatory for Human Rights stima che le vittime siano più di cinquecentomila, cinque milioni i rifugiati in altri Paesi e sei milioni e mezzo gli sfollati.
Sento profonda nostalgia di Damasco e della gentilezza dei suoi abitanti pronti a cogliere il tuo sguardo smarrito nel dedalo dei vicoli della città vecchia e ad invitarti con un sorriso nella loro casa per un caffè. Mi chiedo come siano ridotti oggi la Grande Moschea degli Omayyadi, Palazzo Azm e gli incantevoli angoli di Bāb Tūmā; se le botteghe artigiane in cui il lavoro era un’arte risuonino ancora di vita o siano occhiaie spente.
Che colpo è stato leggere dello stupro perpetrato sui monumenti di Palmyra dallo Stato Islamico e di quello subito da donne, bambini e persone inermi in tutto il Paese per mano di tutte le fazioni in campo! Palmyra, la sposa del deserto, dove una ciurma di ragazzetti caciaroni e innocui ci seguiva lungo la strada assolata tentando un dialogo impossibile per reciproca ignoranza di una lingua comune.
Sembra che ad Aleppo abbiano messo mano a ricostruire il suq, il più grande al mondo e l’incantevole moschea degli Omayyadi dove riposa Zakariyāʾ, il padre di Giovanni Battista, ma la città è ancora teatro di guerra. Come vivranno oggi gli abitanti di Al Jdeida, l’elegante quartiere armeno e maronita e come saranno ridotte le loro case di pietra grigia riccamente ornata? Quanta gente di Aleppo Est sarà ancora intrappolata nei disordinati palazzoni devastati dai colpi dell’esercito e dei ribelli?
Il giorno che arrivammo ad Hama, la città era in festa ed il parco delle Norie era stipato di gente a passeggio che ci guardava con la stessa curiosità dissimulata con cui noi osservavamo loro. Tre audaci bambini si tuffavano nel fiume fra le grandi e cigolanti ruote di legno che alzano l’acqua nei canali, mentre altri si misuravano in un gioco di azzardo e sigarette passavano di mano dai perdenti al vincitore. Oggi, le Norie serviranno ancora a dissetare le campagne intorno alla città con l’acqua del fiume Oronte o gireranno a vuoto e senza scopo? E quale tributo di sangue la popolazione starà versando dopo quei ventimila morti che la città subì una quarantina di anni fa nella rivolta dei Fratelli Musulmani?





























