Risalgo la vecchia strada militare nella luce calante. Le mucche si radunano intorno alla malga come gli ultimi viandanti scendono a valle con passo lesto. Quando mi fermo, odo il richiamo di un uccello sconosciuto soffocato dai rumori che io stesso provoco con il mio incedere appena mi rimetto in movimento: il ticchettio dei bastoncini sulla terra battuta; il fruscio dei tessuti; il respiro; il sangue che circola nelle orecchie. Concentrarmi sul ritmo del passo svuota la mente di ogni pensiero. Sono in cima. Non mi fermo al rifugio ancora aperto; non è di cibo o di compagnia che sono venuto in cerca stasera. Il sole avanza lentamente a ovest. Mi siedo su una pietra. Bevo un sorso d’acqua, non perché abbia sete, ma perché non mi bastano la vista e l’udito. Mi guardo intorno e assieme all’acqua bevo la luce che mi inonda: cime brulle, pascoli bruciati, foreste oscure, piccoli borghi e case isolate a mezza costa. Un temporale si sta formando a occidente, ma non ha la faccia cattiva. Il tempo passa e non ne ho mai abbastanza, nonostante l’aria che mi strina la faccia e le mani. Forse stare qui è l’unica preghiera che io conosco.