Il bombardamento del ponte di Mostar (9 Novembre 1993)

Era il mese di Luglio dell’anno 1566 o forse 1567. A Mostar la Neretva scrosciava, verde smeraldo, sotto la finestra spalancata della torre Helebija. Finalmente il caldo torrido aveva mollato la presa nella piana intorno alla città e dalla montagna scendeva una lieve brezza che asciugava il sudore sulla fronte. Gli operai stavano terminando di smantellare l’impalcatura al grande ponte voluto dal Sultano Süleyman, il legislatore. Di tanto in tanto, l’architetto Sinan si sporgeva tremante, sicuro che l’opera non avrebbe retto quando l’ultimo puntello sarebbe stato tolto e sarebbe precipitata con uno scroscio immenso nel fiume. Il crollo del ponte sarebbe stato la sua condanna a morte, nonostante le meravigliose costruzioni che lo avevano innalzato alla gloria a Istanbul. Proprio la sua fama di grande costruttore sarebbe stata la sua rovina perché il Sultano aveva preteso da lui un ponte senza precedenti. E Mimar Sinan aveva progettato e costruito il ponte a singolo arco più grande del suo tempo, con tecniche che sarebbero rimaste misteriose nei secoli a venire. Ponte a schiena d’asino, largo 4 metri e lungo 30, alto 24 metri sul fiume. Poggiato su due piedritti calcarei collegati a muri lungo gli argini del fiume invece che su fondamenta. Una bellezza! Però ora si domandava se avrebbe retto; se i suoi calcoli fossero stati corretti o se dovesse prepararsi il funerale. Dormì male quella notte e finalmente arrivò l’alba dell’inaugurazione.
L’ulema e i commercianti stavano schierati alla Porta Tara, in attesa del Pasha e dei giannizzeri. I bambini correvano fra le gambe degli adulti e qualcuno ogni tanto si beccava una frustata svogliata dai soldati che non riuscivano a trattenerli. Mimar Sinan si posizionò in prima fila, nervoso sebbene un po’ rincuorato perché il ponte aveva retto la prima notte.
Il Pasha arrivò in pompa magna su un magnifico stallone bianco, il capo riparato dall’ombrello rosso. Dietro di lui, il lungo corteo dei funzionari governativi. Sinan gli porse la scimitarra con cui il dignitario avrebbe tagliato il nastro che bloccava il passaggio al ponte o la sua testa, se non fosse stato soddisfatto dell’opera. Il Pasha scelse il nastro e con un sorriso cerimonioso salì e discese a passo lento la schiena d’asino, seguito dal lungo codazzo dei suoi accompagnatori e degli abitanti della città di Mostar.
Per 426 anni, con le sue linee ardite ed eleganti, il ponte unì la parte orientale di Mostar a quella occidentale e, soprattutto unì gli abitanti di fede musulmana e quelli cristiani.
Quattrocentoventisei anni. Fino al 9 Novembre 1993 quando lo Stari Most crollò dopo due giorni di bombardamenti e non meno di 60 proiettili di artiglieria sparati dall’esercito della Repubblica Croata di Bosnia ed Erzegovina che, assieme al ponte, voleva distruggere il sogno della convivenza pacifica e dell’integrazione fra cristiani e musulmani.
L’assedio di Mostar aveva avuto inizio un anno e mezzo prima quando l’Esercito Iugoslavo (JNA) aveva aperto il fuoco sulla città e ne aveva preso il controllo di vaste zone. A Giugno, Croati e Bosgnacchi riuscirono ad organizzare una risposta armata congiunta sufficiente ad espellere l’JNA dalla città. L’Esercito rispose con un massiccio cannoneggiamento che distrusse il monastero francescano, la cattedrale cattolica e la moschea Karadjoz Bey, ma non il ponte.
Estromesso l’Esercito Iugoslavo, Mostar fu divisa in una parte occidentale, dominata dalla Forze Croate (HVO), ed in una orientale tenuta dall’Esercito Bosniaco (ARBiH), con il fiume a rappresentare il confine.
Il 9 Maggio 1993 l’HVO prese il controllo di tutte le strade di accesso alla città e lanciò un feroce attacco sulla zona est di Mostar che durò fino a Dicembre. Nel contempo espulse tutti i Mussulmani Bosniaci dalla zona ovest. Lo scopo era assicurare una parte della Erzegovina alla Repubblica Croata. Sei mesi più tardi, ecco lo schiaffo feroce: la distruzione del vecchio ponte che da più di quattrocento anni univa le due sponde del fiume; un gesto di disprezzo senza significato militare.
Dieci anni dopo la distruzione, il ponte, incluso recentemente nell’elenco dei Patrimoni dell’umanità, è stato ricostruito. Le sue 1.088 pietre sono state lavorate secondo le tecniche medievali e lo Stari Most è stato riaperto il 22 luglio 2004, per affermare il sogno di una riconciliazione fra le comunità bosniache dopo gli orrori della guerra.

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4 pensieri riguardo “Il bombardamento del ponte di Mostar (9 Novembre 1993)

  1. Tutto si tiene: la volontà di pochi che intendono stupire con la bellezza dell’opera dell’ingegno e la stolida supponenza di chi possiede solo la volontà di distruggere.
    Grazie Giulio, arrivederci.

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