“Sereno fatto di notte non vale tre pere cotte”. Sarà vero, ma intanto ne approfittiamo per riprendere in mano la motocicletta dopo un paio di mesi in cui è rimasta ferma in garage. Ho voglia di passare una giornata a pensare solo come impostare al meglio una curva; a sentire la vibrazione leggera del motore nei polsi e la spinta ruvida dell’accelerazione improvvisa; a ghiacciarmi il naso nell’aria sottile di Gennaio.
Dirigiamo a est verso la Val d’Illasi e su per la stradina che porta a Sprea. Giunti sul crinale, il panorama si apre sui Lessini e sulle montagne del Vicentino, dalle Piccole Dolomiti all’Altopiano di Asiago e altre ancora che non so riconoscere. Poco prima di Bolca, imbocchiamo una strada ancora più stretta che scende precipitevole ad Altissimo, nella Valle di Chiampo, e attraversa piccolissime contrade che sarebbero belle se non fossero così trascurate. Altro strappo per tagliare le ultime gobbe della Catena delle Tre Croci e raggiungere Valdagno.
Fra Verona e Vicenza, le valli scendono come le dita di una mano e noi le stiamo attraversando tutte fra un crinale e l’altro come bambini che vanno e vengono sullo scivolo.
Schio è vicino a Malo e da quando lessi “Libera nos a Malo” di Luigi Meneghello, mi ha sempre incuriosito visitare questo borgo in cui sono ambientate le avventure infantili dell’autore. Oggi posso appagare questa vecchia curiosità, ma rimango un po’ deluso e non poteva essere diversamente: quel mondo non esiste più e i miei occhi ricercano sul Listòn personaggi che non sono più bambini o che non sono più al mondo.
Sicuramente non è più al mondo quel parroco che a messa faceva una predica semplice semplice, sempre quella: bisogna – èssare – bòni. La predica era tutta lì, ma quanta saggezza in tre parole.
E Bocchino che fine avrà fatto? Lui che, andando a Breganze con la motocicletta, aveva sbagliato la curva del ponte e la Garelli era incappata nel parapetto dalla parte di qua e Bocchino aveva proseguito il viaggio da solo per via aerea fino all’altra sponda del torrente? Gli amici “in piazza a Breganze si accorsero che mancava il Bocchino e tornarono indietro a vedere. Aveva sorvolato il torrente e aspettava in un cespuglio che gli passasse la commozione cerebrale”.
Quante avventure raccontate dal Luigi! Avventure rischiose nella vita reale e lievi come fiabe nella sua scrittura.Lievi come fiabe dove non ci si fa mai male sul serio. “Le moto dei mediatori erano le Guzzi col serbatoio in discesa e il volano turgido, come un gozzo in movimento; facevano scoppi bassi e lenti, e negli intervalli si sentiva uno sfregamento di parti metalliche. I mediatori col fazzoletto al collo le guidavano orgogliosamente a passo d’uomo. A uno di questi mediatori, Erminio seduto sulla porta del suo negozio cercava di far capire a segni che stava perdendo il cuscino dietro la sella. Il mediatore volta la testa: «Ostia, e la donna?» Dovette tornare indietro a cercarsela su per lo stradoncino delle Case.”
Giro per il Listòn, guardo verso il Castelo, ma il fascino della Malo di Meneghello non c’è più, sparito. D’altra parte, lui stesso avverte: “il paese non era né bello né brutto, era il nostro paese, e così anche il sito. Ci piaceva, ma non ci veniva in mente di dire che fosse bello.” A Gennaio le giornate sono corte e, appena mangiato uno splendido baccalà alla Trattoria Dalla Valentina, è già ora di tornare a casa. Rifare le montagne russe dell’andata neanche parlarne; scendere a Vicenza e fare la pianura verso Verona, no, ci rovinerebbe la poesia di una buona giornata. Abbiamo ancora si e no un paio di ore di luce, abbastanza per salire a Valli del Pasubio, Pian delle Fugazze e giù in Vallarsa a Rovereto. In alto, chiazze di neve sporca ci mettono sul chi va là, ma basta un po’ di attenzione. Quando arriviamo in Val Lagarina, è quasi buio, ma ora il pericolo del ghiaccio l’abbiamo lasciato alle spalle e possiamo correre rilassati verso casa.
“Sereno fatto di notte non vale tre pere cotte”. Già le nuvole si radunano a occidente.
ottimo per una giornata uggio-piovosa! E per avermi fatto capire che quello di Meneghello non era l’incipit di una preghiera… colmerò la “laguna”
Grazie, Giulio
Il titolo del libro di Meneghello gioca sull’ambiguità fra il nome del suo paese natale e la citazione del Padre Nostro. Buona parte del libro è un racconto-riflessione sull’educazione morale e religiosa del suo tempo che in fondo è stata anche la mia, sebbene più giovane di alcuni anni.
Bel girello e belle foto a condimento del solito piacevolissimo racconto.
buona domenica Giulio.
Buona domenica anche a te, Max, e grazie della condivisione.
ottimo per una giornata uggio-piovosa! E per avermi fatto capire che quello di Meneghello non era l’incipit di una preghiera… colmerò la “laguna”
Grazie, Giulio
Il titolo del libro di Meneghello gioca sull’ambiguità fra il nome del suo paese natale e la citazione del Padre Nostro. Buona parte del libro è un racconto-riflessione sull’educazione morale e religiosa del suo tempo che in fondo è stata anche la mia, sebbene più giovane di alcuni anni.