Un altro viaggio settentrionale /2

Giovedì 1 Agosto 2013

È notte nel campeggio di Skarnes. Mi sveglio disorientato dalla luce lattiginosa che bagna la stanza; il cervello mi dice che dovrebbe essere ancora buio. Riprendo sonno sorridendo all’idea che stiamo entrando nei territori delle notti bianche.

Qualche ora dopo il cielo è coperto, ma si intravedono timidi squarci che fanno ben sperare.

Partiti, la strada percorre la costa del bel lago Storsjøen e del lago Mjøsa che attraversiamo su un ponte ardito.


Poco prima di Lillehammer, al bordo della strada una ragazza vende fragole del suo orto e pianto una frenata che fa smadonnare l’amico che mi segue.
Ho un ricordo troppo bello del profumo e del sapore delle fragole norvegesi per rinunciarvi.

Eccoci ora nella Gudbrandsdalen, lunga valle densa di richiami storici per l’identità norvegese. La tradizione vuole che conservi i resti di Dale Gudbrand, sovrano pagano che intorno all’anno 1200 fu convertito al cristianesimo dal Santo-Re Olav e quelli di Per Olsson Hågå che ispirò Henrik Ibsen per il suo Peer Gynt.
Attraversiamo la cittadina di Vinstra – che ci appare sonnacchiosa sebbene si faccia vivace nei giorni in cui ospita un festival dedicato a Ibsen – e saliamo ai Monti Dovrefjell.
La valle si rinserra fra luminosi prati e nere foreste di conifere che, poco a poco, cedono il posto all’acquitrino, agli arbusti, alla pietra e al lichene.
La giornata è splendente, ma non è difficle immaginare l’altopiano spazzato dal vento e paralizzato da lunghi inverni nevosi.

Il Dovrefjell è un altopiano selvaggio di cupa bellezza, regno del bue muschiato; l’asprezza del luogo evoca la potenza delle forze naturali che qui giocano la loro partita senza tempo: l’acqua, l’aria, la terra, forse anche il fuoco.
Sarebbe bello fermarsi; lasciare la motocicletta e prendere uno dei sentieri che si dipartono dalla strada principale. Magari portarsi appresso una piccola tenda e campeggiare lassù fra le stelle e i falchi. Chissà, magari un giorno, se Dio vorrà.

Poco dopo Hjerkinn, la strada raggiunge il punto più alto dell’altopiano da cui si scorgono in lontananza la Snøhetta e la Svånåtind, cime incappucciate di neve che superano i duemila metri.
La E6 inizia una bella discesa verso Oppdal e prosegue nell’ampia vallata del Byna. Mancano ancora centoventi chilometri a Trondheim e siamo in sella ormai da più di otto ore. Il paesaggio avrebbe ancora molto da dirci, ma siamo stanco e prevale la voglia di arrivare.

Mano a mano che ci si avvicina a Trondheim, le foreste lasciano il posto all’agricoltura e l’influenza della terza città della Norvegia diventa sempre più evidente. D’un tratto, la strada diventa un’autostrada e si spengono le luci. Abbiamo percorso 506 chilometri e siamo stati sulla strada più di dieci ore.

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