L’anno che viene sarà l’anno di inizio delle celebrazioni della Prima Guerra Mondiale in tutti i Paesi coinvolti, compresa l’Italia. Ciò, sebbene l’Italia sia entrata in guerra contro l’Impero Austro Ungarico nel 1915 e contro la Germania dal 1916.
La Prima Guerra Mondiale è stata tremenda: poco meno di dieci milioni i militari morti, ventuno milioni quelli feriti, sette milioni e mezzo i dispersi. Occorre ancora aggiungere le vittime civili, circa sette milioni.
Al conflitto hanno partecipato sei milioni di italiani, con 750.000 morti tra caduti in guerra e civili.
Dalla Sicilia all’Alto Adige, quasi ogni famiglia italiana conserva il ricordo di nonni e zii che portarono il fucile sull’Adamello, all’Ortigara, o sull’Isonzo, sebbene i protagonisti siano ormai tutti scomparsi.
Il territorio delle Regioni che furono teatro di guerra è profondamente segnato dalle trincee, dai resti delle costruzioni militari e dalle devastazioni dei combattimenti.
I Sacrari del Montello, del Monte Grappa, di Asiago, di Caporetto, di Pocol, di Redipuglia, ed altri ancora, raccolgono al culto della memoria i resti dei caduti e sono meta ogni anno di viaggi e pellegrinaggi che non si esauriscono, nonostante il tempo passato. Si pensi che il Sacrario di Redipuglia continua ad essere visitato da oltre duecentomila persone all’anno.
La Prima Guerra Mondiale ha cambiato i confini dell’Europa, dissolto imperi, innescato rivoluzioni totalitarie, alimentate dalla disperazione e accecate dall’odio e dall’ideologia. Ha gettato le premesse per l’altro mostruoso conflitto che vent’anni dopo avrebbe ancora insanguinato il mondo. Ha contribuito a cambiare la cultura e messo in moto genti e pensieri, come non era mai successo a memoria d’uomo.
Un evento straordinario e, allo stesso tempo, tanto lontano, forse per molti relegato in poche pagine dei libri di storia.
Io ho deciso di dedicare l’anno che viene ad un viaggio nelle memorie dei protagonisti e nei luoghi della Grande Guerra. Un viaggio per scoprire cosa hanno da dirmi e cosa posso recuperare di ciò che nella giovinezza rifiutai, infastidito dalla retorica e accecato prima dallo scontro ideologico degli anni settanta e successivamente dalla “vita liquida”, senza fondamenti e senza prospettiva, in cui stiamo annegando.
Il mio non vuole essere un viaggio solipsistico nella mia coscienza e nelle mie emozioni. Cercherò dunque di dialogare con le persone che incontrerò; di farmi dire quali storie, memorie, sogni o incubi li avrà portati lì e cosa avranno trovato.
Mi piacerebbe che anche tu – che stai leggendo – scrivessi qui sotto un pensiero, un ricordo, un’emozione che ti suscita il centenario della Prima Guerra Mondiale.
Cosa pensi della Grande Guerra? Delle commemorazioni che si stanno già profilando? Sei mai stato sui luoghi in cui fu combattuta o in cui si celebra la memoria dei combattenti? Che impressione ti hanno lasciato? Che attualità hanno oggi quegli avvenimenti?
Mi piace sta cosa Giulio!!! …parteciperò al Tuo “viaggio” raccontandoti delle lettere che mio nonno mandava a casa dal fronte….
Lui era analfabeta e se le faceva scrivere e leggere dal cappellano militare.
Le ho ritrovate qualche anno fa legate tutte insieme in un filo di lana grossa dentro un cassetto del vecchio comò di mia nonna.
“Cara Sposa io sto bene e così spero di Voi” …era sempre questo l’incipit
Interessante il tuo proposito. Ogni volta che c’è un documentario o capito vicino a luoghi commemorativi, mi perdo via nei miei pensieri ed ho sempre tante domande Suonando nella banda, ogni anno tra ottobre e novembre, partecipo a svariate commemorazioni della prima guerra. Ahimè ogni anno, c’è sempre meno gente, i reduci diminuiscono e i giovani non sono per nulla interessati, il tutto è po’ triste dal mio punto di vista.
Il mio bisnonno è stato al fronte per la prima guerra mondiale, dalla Sicilia a Fiume in Croazia. Ha fatto parte del viaggio di rientro tenendosi al fumaiolo del treno, ovviamente si è rovinato le mani, ma aveva trovato il lato positivo anche in questo, poteva pulire i fico d’india a mani nude…Seguirò questo tuo viaggio…
Ho avuto la fortuna di conoscere un mio bisnonno che ogni 4 novembre usciva di casa orgoglioso con il suo cappello piumato, era un bersagliere insignito dell’Ordine di Vittorio Veneto. Purtroppo ero bambino e non venni mai messo al corrente dei suoi ricordi, non so nemmeno su che fronte combattè.
Benchè i fronti più noti della Grande Guerra siano nel Triveneto, tutto l’arco alpino è disseminato dalle opere della Linea Cadorna, basta una passeggiata nei boschi del Varesino per trovarne qua e là i resti… Fu una guerra epocale, dove vennero adottate nuove strategie (guerra di posizione anzichè armate che si scontravano dopo essersi cercate), nuove tattiche (i forti con cannoni a lunga gittata, la guerra di mina…), nuove armi tecnologicamente avanzate (l’aeroplano, inventato pochi anni prima e già strumento bellico, il gas usato dai tedeschi a Ypres, e da allora chiamato iprite…) e una leva che chiamò a raccolta anche i “Ragazzi del ’99”.
Qualcuno pensa che le celebrazioni a distanza di cento anni esaltino una retorica già fin troppo roboante (non dimentichiamo che il nucleo embrionale del fascismo raccoglieva ex-Arditi, soldati appartenenti a reparti votati a missioni pericolosissime) ma io, da sempre elettore di sinistra (un po’ meno convinto ultimamente, ma è un altro topos) desidero che la Storia venga ricordata, ricordata ed insegnata a coloro che, come scrive Giulio, vivono nel loro liquido amniotico, dimenticano certi pilastri che dovrebbero aiutarci a costruire una società migliore. Purtroppo la gente ha la memoria corta…
Personalmente, un luogo che mi ha colpito è Tonezza del Cimone, dove giacciono 1200 Alpini, sepolti da una mina austriaca che fece saltare la cima della montagna cambiandone anche l’orografia.
Ciao Giulio, mi piace questa tua “cosa”, ti lascio quindi un mio ricordo tratto dal mio blog:
Pasubio – La strada delle 52 Gallerie
La strada delle 52 gallerie
Da “ Un anno sul Pasubio” di Michele Campana, ufficiale della brigata Liguria.
Scritto lì sul monte sacro e terminato il 16 settembre 1917.
…Se le mummie di quei tre poveri re egiziani, Cheope, Kefren e Micerino, celebrati come costruttori di grandi opere, potessero sollevarsi dai loro sepolcri e venire un momento a vedere l’opera che io voglio celebrare, la cartapecora delle loro faccie si tingerebbe di carmino per la vergogna. E se Erodoto che celebrò la costruzione delle Piramidi come la più audacie delle imprese umane, potesse venir con noia fare una passeggiata per la strada che la 1° Armata ha fatto costruire da Col di Xomo al Pasubio, si addolorerebbe di essere vissuto 2400 anni prima di noi. Vorrebbe aggiungere alle “ Nove Muse “ una sorella dal nome Orope, la dea della montagna, e scrivere sotto questo nome il decimo dei suoi libri immortali.
Noi la chiamiamo la strada della 1° Armata. E con questo nome probabilmente rimarrà nella storia come quella celebre da Domodossola a Briga al nome di Napoleone 1°. Essa testimonierà, come nessuna altra opera del Trentino, quali ardimenti non concepisse ed attuasse la 1° Armata alla difesa dei confini italiani…..
Corrado Picone, l’allora comandante, disse….fu semplicemente opera di tenace volontà e di intelligente collaborazione…..
Il 24 agosto 2007, con Alberto, in una giornata stupenda, ho percorso questa incredibile via tra i monti del Pasubio, da Bocchetta Campiglia al rifugio Achille Papa.
Non ci sono parole per descrivere quest’opera d’arte.
E nemmeno le mie foto rendono giustizia alla bellezza di questo luogo ed all’opera di quegli uomini.
Uomini tenaci, volonterosi ed intelligenti.
Come oggi raramente ………….. esistono.
Fabrizio.
16 agosto 2007 – Pasubio – la strada degli Eroi
Parto da casa alle ore 6.15 del 16 di agosto, alle 8.15 sono a passo Pian delle Fugazze, a cavallo tra Rovereto e Vicenza, di lì parte la strada che porta alla galleria D’Avert, e quindi l’inizio della strada degli Eroi.
Non sembra una brutta giornata, ma….appena passata la galleria D’Avert, la nebbia avvolge tutto…….proprio tutto.
Il posto è magico, lo si può vedere già dalle poche foto che ho potuto scattare.
Sono sincero, non mi sono mai interessato troppo alla storia della prima guerra mondiale, ma qui gli uomini, si capisce, hanno giocato un ruolo a dir poco incredibile.
Questi posti meritano il nostro rispetto.
Sono salito in bici, 11 km. per un dislivello di circa 800 mt.
La strada non asfaltata è ben tenuta.
In cima sotto l’arco, ho perfino forato. Un chiodo da scarpe risalente a quei tempi, che per rabbia ho buttato, per poi subito precipitarmi a cercarlo. Non l’ho trovato.
Forse nemmeno la ragione.
Ma quì gli uomin hanno pianto, molto di più che per una foratura di una gomma da bicicletta.
Gli uomini, quì, hanno lasciato un ricordo indelebile della loro voglia di vivere liberi.
Folle illusione, presto svanita solo pochi anni dopo.
Ritornerò per percorre a piedi la strada delle 52 gallerie, e per capire ciò che ancora non mi è chiaro e cioè perchè gli uomini danno il meglio di se stessi nelle condizioni di massimo pericolo.
Ritornerò perchè io ne sono l’esempio e la cosa non mi esalta.
Perchè solo nei casi di forte pericolo sappiamo reagire con grande dignità, per poi soccombere ignobilmente quando la vita ci sorride.
Quel monte è come il salotto di casa nostra. Ogni angolo ha la sua verità.
A chi non è mai andato consiglio la visita.
Fabrizio.
Mi piace sta cosa Giulio!!! …parteciperò al Tuo “viaggio” raccontandoti delle lettere che mio nonno mandava a casa dal fronte….
Lui era analfabeta e se le faceva scrivere e leggere dal cappellano militare.
Le ho ritrovate qualche anno fa legate tutte insieme in un filo di lana grossa dentro un cassetto del vecchio comò di mia nonna.
“Cara Sposa io sto bene e così spero di Voi” …era sempre questo l’incipit
Ciao Giulio,
Interessante il tuo proposito. Ogni volta che c’è un documentario o capito vicino a luoghi commemorativi, mi perdo via nei miei pensieri ed ho sempre tante domande Suonando nella banda, ogni anno tra ottobre e novembre, partecipo a svariate commemorazioni della prima guerra. Ahimè ogni anno, c’è sempre meno gente, i reduci diminuiscono e i giovani non sono per nulla interessati, il tutto è po’ triste dal mio punto di vista.
Il mio bisnonno è stato al fronte per la prima guerra mondiale, dalla Sicilia a Fiume in Croazia. Ha fatto parte del viaggio di rientro tenendosi al fumaiolo del treno, ovviamente si è rovinato le mani, ma aveva trovato il lato positivo anche in questo, poteva pulire i fico d’india a mani nude…Seguirò questo tuo viaggio…
Federico
Grazie della bellissima testimonianza Federico.
Ho avuto la fortuna di conoscere un mio bisnonno che ogni 4 novembre usciva di casa orgoglioso con il suo cappello piumato, era un bersagliere insignito dell’Ordine di Vittorio Veneto. Purtroppo ero bambino e non venni mai messo al corrente dei suoi ricordi, non so nemmeno su che fronte combattè.
Benchè i fronti più noti della Grande Guerra siano nel Triveneto, tutto l’arco alpino è disseminato dalle opere della Linea Cadorna, basta una passeggiata nei boschi del Varesino per trovarne qua e là i resti… Fu una guerra epocale, dove vennero adottate nuove strategie (guerra di posizione anzichè armate che si scontravano dopo essersi cercate), nuove tattiche (i forti con cannoni a lunga gittata, la guerra di mina…), nuove armi tecnologicamente avanzate (l’aeroplano, inventato pochi anni prima e già strumento bellico, il gas usato dai tedeschi a Ypres, e da allora chiamato iprite…) e una leva che chiamò a raccolta anche i “Ragazzi del ’99”.
Qualcuno pensa che le celebrazioni a distanza di cento anni esaltino una retorica già fin troppo roboante (non dimentichiamo che il nucleo embrionale del fascismo raccoglieva ex-Arditi, soldati appartenenti a reparti votati a missioni pericolosissime) ma io, da sempre elettore di sinistra (un po’ meno convinto ultimamente, ma è un altro topos) desidero che la Storia venga ricordata, ricordata ed insegnata a coloro che, come scrive Giulio, vivono nel loro liquido amniotico, dimenticano certi pilastri che dovrebbero aiutarci a costruire una società migliore. Purtroppo la gente ha la memoria corta…
Personalmente, un luogo che mi ha colpito è Tonezza del Cimone, dove giacciono 1200 Alpini, sepolti da una mina austriaca che fece saltare la cima della montagna cambiandone anche l’orografia.
Grazie Antonio.
Ciao Giulio, mi piace questa tua “cosa”, ti lascio quindi un mio ricordo tratto dal mio blog:
Pasubio – La strada delle 52 Gallerie
La strada delle 52 gallerie
Da “ Un anno sul Pasubio” di Michele Campana, ufficiale della brigata Liguria.
Scritto lì sul monte sacro e terminato il 16 settembre 1917.
…Se le mummie di quei tre poveri re egiziani, Cheope, Kefren e Micerino, celebrati come costruttori di grandi opere, potessero sollevarsi dai loro sepolcri e venire un momento a vedere l’opera che io voglio celebrare, la cartapecora delle loro faccie si tingerebbe di carmino per la vergogna. E se Erodoto che celebrò la costruzione delle Piramidi come la più audacie delle imprese umane, potesse venir con noia fare una passeggiata per la strada che la 1° Armata ha fatto costruire da Col di Xomo al Pasubio, si addolorerebbe di essere vissuto 2400 anni prima di noi. Vorrebbe aggiungere alle “ Nove Muse “ una sorella dal nome Orope, la dea della montagna, e scrivere sotto questo nome il decimo dei suoi libri immortali.
Noi la chiamiamo la strada della 1° Armata. E con questo nome probabilmente rimarrà nella storia come quella celebre da Domodossola a Briga al nome di Napoleone 1°. Essa testimonierà, come nessuna altra opera del Trentino, quali ardimenti non concepisse ed attuasse la 1° Armata alla difesa dei confini italiani…..
Corrado Picone, l’allora comandante, disse….fu semplicemente opera di tenace volontà e di intelligente collaborazione…..
Il 24 agosto 2007, con Alberto, in una giornata stupenda, ho percorso questa incredibile via tra i monti del Pasubio, da Bocchetta Campiglia al rifugio Achille Papa.
Non ci sono parole per descrivere quest’opera d’arte.
E nemmeno le mie foto rendono giustizia alla bellezza di questo luogo ed all’opera di quegli uomini.
Uomini tenaci, volonterosi ed intelligenti.
Come oggi raramente ………….. esistono.
Fabrizio.
16 agosto 2007 – Pasubio – la strada degli Eroi
Parto da casa alle ore 6.15 del 16 di agosto, alle 8.15 sono a passo Pian delle Fugazze, a cavallo tra Rovereto e Vicenza, di lì parte la strada che porta alla galleria D’Avert, e quindi l’inizio della strada degli Eroi.
Non sembra una brutta giornata, ma….appena passata la galleria D’Avert, la nebbia avvolge tutto…….proprio tutto.
Il posto è magico, lo si può vedere già dalle poche foto che ho potuto scattare.
Sono sincero, non mi sono mai interessato troppo alla storia della prima guerra mondiale, ma qui gli uomini, si capisce, hanno giocato un ruolo a dir poco incredibile.
Questi posti meritano il nostro rispetto.
Sono salito in bici, 11 km. per un dislivello di circa 800 mt.
La strada non asfaltata è ben tenuta.
In cima sotto l’arco, ho perfino forato. Un chiodo da scarpe risalente a quei tempi, che per rabbia ho buttato, per poi subito precipitarmi a cercarlo. Non l’ho trovato.
Forse nemmeno la ragione.
Ma quì gli uomin hanno pianto, molto di più che per una foratura di una gomma da bicicletta.
Gli uomini, quì, hanno lasciato un ricordo indelebile della loro voglia di vivere liberi.
Folle illusione, presto svanita solo pochi anni dopo.
Ritornerò per percorre a piedi la strada delle 52 gallerie, e per capire ciò che ancora non mi è chiaro e cioè perchè gli uomini danno il meglio di se stessi nelle condizioni di massimo pericolo.
Ritornerò perchè io ne sono l’esempio e la cosa non mi esalta.
Perchè solo nei casi di forte pericolo sappiamo reagire con grande dignità, per poi soccombere ignobilmente quando la vita ci sorride.
Quel monte è come il salotto di casa nostra. Ogni angolo ha la sua verità.
A chi non è mai andato consiglio la visita.
Fabrizio.
Grazie del racconto, Fabrizio, e del pensiero: “perché gli uomini danno il meglio di se stessi nelle condizioni di massimo pericolo”.
Dimenticavo …… Buon 2014.
Fabrizio