
Devo confessarlo: molto prima del corso per sommelier, fu un fumetto di Hugo Pratt a impiantarmi in testa il chiodo di visitare il Médoc e conoscere i suoi grandi vini. Devo anche confessare che la scelta di Margaux fra tutti i distretti vinicoli del Médoc è stata determinata dall’invaghimento per quel nome femminile, il nome di una ragazza a cui fare un po’ di corte.L’area vinicola del Médoc si trova a occidente di Bordeaux e si estende dalla periferia nord della città alla Pointe de Grave per una ottantina di chilometri sulla riva sinistra della Gironda. È suddivisa in due aree e la più interessante è certamente l’Haut-Médoc.

A chi lo percorre, il Médoc appare una distesa ondulata di vigneti, intersecati da corsi d’acqua, piccoli canali e canaletti di scolo e punteggiata da castelli fantasiosi che ostentano ricchezza e abbondanza. Essi sono più di un semplice ornamento; sono piuttosto l’altare dove si celebrano i fasti dei grandi vini di Bordeaux.
Baricentro di tutti gli “chateaux” è sempre la “chai de vieillissement”, veri e propri teatri del vino. Sebbene il loro impianto sia sempre razionale e funzionale alle operazioni di cantina, i saloni dove il vino riposa e matura per lunghi anni in centinaia di barrique sono eleganti, illuminati a creare scenografie e prospettive di luce soffusa, arredati con affreschi e colonne neoclassiche. Tutt’altra cosa rispetto alle “caves” della Bourgogne: sotterranee, buie, umide, infestate di lieviti e muffe.

Margaux non è il comune più meridionale del Médoc, ma sicuramente è la denominazione comunale più a sud della penisola. Si estende su cinque municipalità e conta il più gran numero di “grand crus classé”, dislocati perlopiù nei comuni di Margaux e Cantenac, su un suolo di ghiaie bianche.
La produzione vinicola è esclusivamente di vini rossi e, a differenza di Saint-Julien, di Pauillac e di Saint-Estèphe, i viticoltori di Margaux hanno dato un po’ più spazio al merlot, privilegiato meno il cabernet sauvignon e mantenuto piccole proporzioni di cabernet franc, di petit verdot e di malbec.
In una giornata luminosissima, visitiamo Château Lascombes, meraviglioso deuxième cru, Château Boyd-Cantenac e Château Cantenac-Brown, troisième cru entrambi. Avevamo bussato anche alla porta di Château Margaux, uno dei cinque “premier cru”, ma i corteggiatori quel giorno erano già abbastanza anche senza di noi.
Château Lascombes
Nel 1625 nasceva Antoine de Lascombes che avrebbe dato il nome alla proprietà, sebbene l’elegante silhouette addobbata di vite americana, sia il risultato di un mélange di stili che combina elementi del XVI° e del XIX° secolo. La cantina è dislocata su quattro livelli di cui uno riservato ai serbatoi interrati.
Il vigneto si estende su 120 ettari di parcelle fra le migliori nella denominazione Margaux e su 10 ettari di quella Haut-Médoc.
Château Boyd-Cantenac

La proprietà deve il suo nome ad un certo signor Boyd di Bordeaux, vissuto nel XVIII° secolo, e dal 1932 è condotta dalla famiglia Guillemet su diciassette ettari di un terreno straordinario.
Incontriamo Lucien Guillemet che racconta con affascinante semplicità l’importanza dei terreni e il suo stile essenziale nella vinificazione dei due vini che produce: Pouget, con un corpo più robusto e tannini più vigorosi, e Boyd, più delicato e vellutato.
Château Cantenac-Brown
L’ imponente castello neo-Tudor, costruito nel XIX° secolo, è circondato da un grande parco all’inglese. Il vigneto consta di 48 ettari di terreno ghiaioso. Particolarmente scenografica la cantina di fermentazione con la sua architettura industriale del primo Novecento.
Per concludere
A differenza dei grandi castelli della Loira che hanno vita e storia propria da raccontare, gli chateaux del Médoc sarebbero esclusivamente sontuose dimore di rappresentanza se non fossero il palcoscenico sul quale va in scena il mito del vino rosso più famoso al mondo: l’assemblaggio bordolese da uve cabernet sauvignon, merlot, cabernet franc e petit verdot.
E dunque, cosa trova nel bicchiere che entra in questo grande teatro?
Gli aspetti più affascinanti dei vini di Bordeaux, e del Médoc in particolare, sono il tessuto e l’equilibrio. Sono vini materici e setosi al palato, precisi nelle loro diverse componenti gustative ben amalgamate fra di loro senza confondersi.
È bene avvicinarli lontano dai pasti per coglierne l’ampiezza dei profumi e il mélange di frutti rossi, felce, menta, eucalipto, cioccolato, caffè tostato, cuoio, tabacco e spezie scure, a volte liquirizia e fumo di sigaro.
A tavola se ne apprezza l’alcolicità contenuta e la stoffa che regge piatti importanti come un filetto alla Chateaubriand, l’entrecôte villette, il gigot d’agnello arrostito o il pot-au-feu di manzo.


