Mezzano nel Primiero

Mappa Mezzano

Uscendo dalla Gola dello Schenèr, sulla Statale del Grappa e del Passo Rolle, non hai occhi che per le Pale di San Martino. Fortunatamente, un amico mi ha detto: «ah, vai a Fiera di Primiero?! Fai sosta a Mezzano. Non te ne pentirai.» La sosta l’ho fatta e non me ne pento.
Uscito dal borgo, apro l’acceleratore: la motocicletta non reagisce subito, ma con un lieve ritardo arriva la spinta che mi trasmette l’energia viva del motore.
Mezzano è un borgo nel quale la tradizione non è solo il culto di un modo di vivere irrimediabilmente passato e l’energia circola vivace e forte.
Se c’è un luogo in cui collocare il dono del fuoco che Prometeo fece agli uomini, è sicuramente in montagna. L’inverno è lungo e gelido; i camini ardenti e le stufe paciose tengono fuori freddo e paura. Per alimentare il fuoco, in montagna ogni casa ha la sua riserva di legna, accatastata accanto all’uscio, bella e profumata. La dimensione e l’ordine della catasta di legna dicono qualcosa di chi abita la casa: raccontano la sua agiatezza, ma informano anche del suo senso estetico e addirittura delle sue qualità morali. Potremmo dire che ci sono cataste ricche e cataste povere. Quando poi si incontra una catasta ingrigita dal tempo, il messaggio è chiaro: quella è una casa disabitata che, come la legna, ha smarrito la luce e la capacità di riscaldare la vita.
A Mezzano, le scorte di legna per l’inverno, belle di per sé, si trasfigurano in opere d’arte: i canzei. Grazie all’intraprendenza dell’amministrazione comunale, artisti noti e meno affermati hanno riempito gli angoli del borgo di visioni, ricordi, ammonimenti, sogni; tutti accomunati dallo stesso materiale di base: il ceppo di legno. “Montagna in-canto”, “la notte in sogno”, “installazione in-stabile”, “le sfere dell’immaginario” e un’altra ventina di opere costituiscono un itinerario che si dispiega fra le case e gli antichi fienili in quiescenza, nei vicoli e nelle piazzette rallegrate dallo scroscio dell’acqua nelle fontane.
IMG_9387Ho camminato a lungo in quei vicoli e rallentato il passo negli slarghi fra le case e i tabià, sempre accompagnato dal canto amico dell’acqua che qui scorre come la linfa negli alberi. A partire dagli stoli, lunghi e bassi cunicoli che vanno a intercettare le vene d’acqua nella parte alta del paese e la incanalano verso le fontane che oggi non servono più per rifornire le case. Ho incontrato un bambino: strappava una foglia da un cespuglio e la posava delicatamente nel rivolo di acqua limpida che scorreva a lato della via. La strada era ripida e il rivolo terminava con una cascata sotto la quale un buco nero inghiottiva l’acqua. Il bambino guardava serio la foglia accelerare la corsa verso l’abisso, la seguiva con piccoli passi accovacciati fino al salto destinale e ricominciava. Avrei voluto  chiedergli se il suo era un esperimento sulla caduta dei gravi o la messa in scena di una tragedia fluviale nel Klondike. «Anch’io da piccolo giocavo con le barchette che staccavo dalla corteccia dei pini…». Le parole mi sono morte in gola mentre abbozzavo un sorriso che sapeva di imbarazzo. Senza una parola, il bambino è ritornato a guardare l’acqua, a strappare una foglia dal cespuglio vicino e a farla correre nella corrente.
Le fontane sono agghindate come vecchie signore che hanno fatto il loro tempo e si godono la pensione. Sono vecchie signore, ma sono sicuro che non dimenticano la gioventù passata e che il loro sguardo è conciliante verso le intemperanze e gli eccessi degli abitanti nei giorni della Sagra del Carmine. Già, perché in una sfida a bocce fra i due cantoni di Mezzano che dura da cento anni non possono mancare intemperanze ed eccessi. E quante bestialità dovranno fare finta di non sentire le povere fontane in occasione del Palio degli asini che si corre al Carmenin, quando la rivalità fra i paesi si rincorre fra le case e i somari portano i nomi dei sindaci dei Comuni della valle?
Acqua che corre sottoterra e abbevera la buona terra degli orti. «Quattrocento orti in un paese di milleseicento anime. Un orto ogni quattro abitanti, lattanti compresi», mi dice Barbara che mi accompagna nella visita e mostra orgogliosa il suo borgo. Orti che sono giardini perché il terreno è spartito tra ortaggi, fiori, odori e piante da frutto. Sempre diversi e sempre nuovi allo sguardo del viandante, in pieno sole e talvolta ancora cinti delle vecchie recinzioni di legno, ingrigite dalle stagioni.
Terra, nera quella degli orti e di mille colori quelle degli antichi affreschi sui muri delle case: una Madonna con Bambino e i dannati che bruciano fra alte fiamme sotto gli occhi di “San Zuane”, San Francesco e Santa Romina, mentre San Giorgio uccide il drago; e una sbiadita crocefissione incorniciata da cascate di gerani rossi e fucsia. I personaggi hanno le fattezze dei valligiani e narrano una religiosità ingenua, fatta per ammonire i credenti e rassicurarli, affidandoli ai santi patroni. Tutt’altro messaggio trasmette la grande copia di un dipinto di Davide Orler, artista nativo di Mezzano. Dipinte a colori torridi, le case sono ammucchiate come un presepe e le vie rigurgitano di personaggi e dei loro gesti quotidiani che l’autore ha lasciato, ma non ha abbandonato. Affollamento di case e di gente, come se l’artista dovesse consolarsi della nostalgia.

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Terra, terre, colori. Quelli dei tessuti damascati creati da Lucia e Teresita con i telai del nonno. Dalle loro mani escono tovaglie, tendaggi, arazzi e tappeti. La signora Lucia racconta la saga di famiglia, la storia di Primiazzo Zanon, tessèr della Val di Fiemme, che si sposta in Primiero in cerca di fortuna e di Giorgio, figlio di Primiazzo, che consolida l’attività e trasmette i suoi segreti alla figlia e alla nipote. Lucia non si accontenta di replicare quanto è stato inventato dal nonno, ma reinterpreta l’arte e la rinnova cercando nuovi disegni e nuovi filati di assoluta qualità(www.arteler.it). Me ne vado che la spoletta ricomincia a correre e vola fra le mani della tessèra, avanti e indietro, avanti e indietro. Avanti e indietro come il ritmo del respiro e della musica che hanno bisogno entrambi dell’aria.

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Aria, elemento del pensiero che prende forma e della creazione. Eccolo il quarto elemento primordiale, anch’esso vivo a Mezzano. È incredibile che un luogo così piccolo ospiti una stagione musicale da fare invidia a grandi città: un cartellone di sessanta giorni di musica da camera e lirica fra luglio e agosto. Una grande scuola internazionale di perfezionamento musicale che elegge il borgo a sede dei propri corsi. Protagonisti, personaggi di primissimo piano, la soprano Renata Scotto per citarne uno solo.
E allora sì, l’aria, ma anche il fuoco del sentimento e della volontà. E il ciclo degli elementi riparte.
Intanto, io sono giunto a Fiera di Primiero. Mezzano è ormai alle spalle. Devo scegliere se proseguire nella valle del Cismon o deviare in quella del torrente Canali, a destra. Ci penserò domattina. Intanto mi fermo; stasera ho un appuntamento a cena al ristorante Castelpietra (www.ristorantecastelpietra.it). Voglio assaggiare: la carne fumada di Siror con cialda di formaggio, tuorlo d’uovo fritto e crostini di Ur-paarl della Val Venosta; il filetto di maialino al rosa con la sua pancetta croccante e il formaggio di Primiero stagionato; il mosaico di frutta fresca con gelato artigianale alla vaniglia e gocce di miele millefiori di Primiero.

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11 pensieri riguardo “Mezzano nel Primiero

  1. E’ proprio vero ciò che scrivi sulle cataste di legna da ardere, composte con dovizia e cura alle volte maniacale, alle volte semplicemente artistica, in ogni caso personalissima. Non ci avevo mai pensato

  2. E’ propio tutto vero se leggi e chiudi un attimo gli occhi per quelli che come me son passati da quei posti ti sembra di rivederli nella memoria .Bravo Giulio e complimenti per i tuoi scritti.

  3. Bene, un altro buon indirizzo per una giornatona/ giornatona e mezzo… attendo conferma che la cena fosse tanto buona quanto sono suggestivi i nomi delle portate, per organizzare un breve soggiorno cultural-gastronomico-musicale, e soddisfar i cinque sensi.
    Per il resto, sei sempre un descrittor intrigante.
    Grazie per il tempo che ci dedichi

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